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giovedì 24 aprile 2014

Il flauto di canna
Il flauto di canna, chiamato anche flauto diritto a bocca zeppata è un semplice strumento musicale tipico pastorale, che ha vantato in ogni epoca una presenza omogenea su tutto il territorio. Questo è stato possibile anche grazie  alla minima competenza organologica e musicale richiesta per la sua realizzazione:

Flauto e doppio flauto
In Calabria, come in tutto il Sud Italia, pastori e contadini usano costruire un flauto a fessura interna, diritto, a becco, utilizzando la canna o anche il legno (fischiotto, frischetto, friscarottu, ecc.). Lo strumento viene costruito con l'aiuto di un coltello e, a volte, di un ferro rovente appuntito.  Ve ne sono di diverse misure e anche il numero dei fori può variare di molto, da 3 anteriori fino a 8 anteriori più 1 posteriore.  Le dimensioni, il numero dei fori, il grado di rifinitura e la presenza di eventuali decorazioni sono indicativi della diversa consistenza dello strumento in quanto oggetto: può trattarsi di un vero e proprio strumento musicale da conservare e utilizzare, ovvero di un passatempo effimero da gettare via dopo l'uso, o, infine, di un manufatto infantile. Per la costruzione del flauto a becco viene utilizzato un segmento di canna comprensivo di due nodi, tagliato superiormente appena sotto il primo nodo e inferiormente pochi centimetri oltre il secondo nodo.  Molta cura viene posta nel costruire e ben alloggiare la zeppa di legno (di salice, fico, castagno, pioppo, ontano) onde evitare perdite d'aria, nel modellare la finestra e nel collocare regolarmente i fori digitali.  Il becco può presentare una certa varietà morfologica (lungo, largo, affusolato, squadrato).  Un’apertura, più o meno completa, della membrana interna del nodo determina l'intonazione generale dello strumento.  Oltre il nodo, la parte terminale del tubo viene spesso affinata internamente in modo da ampliare lo sbocco della colonna d'aria subito dopo la strozzatura. In Calabria il flauto a becco di canna è diffuso anche in un modello bicalamo (fischiotti, frischetti, ecc.), polifonico, costituito da due flauti imboccati e diteggiati contemporaneamente e separatamente dalle due mani.  Del tutto simile per morfologia al flauto singolo, il doppio flauto presenta becchi molto sporgenti - atti a facilitare la tenuta dello strumento mediante i denti - e, a volte, grandi aperture posteriori/inferiori che servono a intonare le due canne fra loro.  Si distinguono due tipi: a paro, con canne di eguale lunghezza e diametro, tenute prevalentemente accostate; a chiave, con canne di diversa lunghezza e diverso diametro, tenute in posizione divergente. Il tipo a paro(localmente denominato fischiotti terzaluri, frischiotti alla sicilíana, ecc.) presenta quattro diverse combinazioni dei fori digitali, a cui corrispondono altrettanti modelli scalari, a partire da un ambitus di sesta fino a un ambitus di ottava. Il doppio flauto è uno strumento che presenta strette analogie con le canne melodiche delle zampogne.  Del resto, molti suonatori di doppio flauto sono anche zampognari e inoltre i repertori dei due strumenti in parte coincidono, comprendendo suonate pastorali e tarantelle.  Il doppio flauto è diffuso su scala regionale con maggior preponderanza nella provincia di Reggio Calabria e con prevalenza del tipo a paro rispetto al tipo a chiave.

Flauto di corteccia o armonico

Tra le forme più rudimentali di acrofoni, la Calabria annovera un buon numero di strumenti effimeri stagionali, tuttora occasionalmente costruiti e suonati dai pastori.  Di essi, quello che forse presenta una maggiore compiutezza musicale è il flauto di corteccia (fràgulu, faraùtu, friscignolo, fríschettara, titarota, ecc.), che viene costruito in primavera utilizzando la corteccia di diverse piante in vegetazione come castagno, salice, fico, oleandro.  La costruzione inizia tagliando un giovane ramo e distaccandone la corteccia secondo varie tecniche, in modo da ottenere un tubo di corteccia di lunghezza variabile da 60 ai 100 cm circa.  Il tubo viene trasformato in un flauto a fessura interna, privo di fori digitali, aperto, con imboccatura apicale o laterale.  La zeppa è ricavata da un segmento del legno estratto o dalla stessa lingua del suonatore.  Lo strumento dura pochissimi giorni, diventando inutilizzabile per il seccarsi della corteccia. Non essendovi fori digitali, la melodia si ottiene mediante gli armonici che risultano dalla sovrainsufflazione, mentre l'unica azione digitale si realizza mediante il dito indice della mano destra che apre e chiude alternativamente l'apertura terminale.  In tal modo si ottiene un numero variabile di suoni armonici, secondo le dimensioni del flauto e il suo rapporto lunghezza/diametro. Da alcune testimonianze risulta che in passato il flauto di corteccia venisse costruito e suonato durante la Settimana di Pasqua. Oggi lo strumento è usato molto sporadicamente dal pastori, che tuttavia sono ancora in grado di costruirlo e di ricavarne delle suggestive sonate.


martedì 14 gennaio 2014

LA MUSICA POPOLARE CALABRESE

La musica popolare è un genere musicale che affonda le proprie radici nelle tradizioni di una determinata etnia, popolazione, ambito geografico o culturale.
Anche in Calabria, stiamo assistendo negli ultimi anni ad un fenomeno di notevole importanza sociale e culturale: la riscoperta della musica popolare.
La musica e i suoi strumenti tradizionali: organetto, tamburello e zampogna accompagnavano tutte le fasi della vita: matrimoni, battesimi, nascite e tutte le feste private erano inoltre rallegrate dal suono tradizionale costituendo una continua occasione di socializzazione e di divertimento.
  In Calabria, la suonata più popolare è la Tarantella calabrese (o tirantella, anticamente anche u sonu). La tarantella è una serie di varianti della celebre danza del Meridione d'Italia diffuse nella penisola calabrese, con tratti che la rendono distinguibile dalle altre,                                                                                           specie nel ritmo.

Il ballo della tarantella si fa in coppia uomo-donna, uomo-uomo e più raro donna-donna, attorno ad un cerchio di persone definito "rota". I suonatori sono posizionati all'esterno della rota. In alcune zone della Calabria, come alcuni paesi del vibonese, la danza era riservata agli uomini fino ad alcuni decenni fa.

E' difficile risalire alle origini della tarantella calabrese, ma ci sono varie ipotesi tra cui quella che vede la musica calabrese come danza di guerra. Sicuramente le origini vanno cercate nella cultura e nelle tradizioni del nostro popolo.

Il Folk Calabrese dunque, non è soltanto un genere musicale, ma anche cultura!








Nella foto il maestro di organetto e di tarantella calabrese Ciccio Nucera

sabato 11 gennaio 2014

Bouzouki Greco


Il bouzouki (μπουζούκι) è uno strumento musicale greco, appartenente ai cordofoni, le cui origini risalgono all'antico strumento chiamato panduro.







LA STORIA DEL BOUZOUKI

Nell'antica Grecia, questo strumento era noto come πανδούρα pandúra e la versione più piccola 
 πανδουρίς pandurís o πανδούριον pandúrion, era chiamato anche τρίχορδος  tríchordos perché aveva tre corde.
In epoca bizantina viene chiamato ταμπουράς 
ta(m)bourás.
Con l'arrivo degli Ottomani, questi ultimi lo adottano nella loro musica. L'odierno strumento turco tambur è praticamente identico al pandurís. Presso il Museo Storico Nazionale di Atene è in mostra il tambouras del generale Makrijannis (eroe della Rivoluzione Greca del 1821). Questo tambouras presenta le stesse caratteristiche del bouzouki usato dai Rebetes.
Il bouzouki originale era a tre doppie corde, tríchordo (τρίχορδο).
Dopo la Seconda guerra mondiale, ha fatto la sua apparizione il bouzouki a quattro doppie corde, tetráchordo 
Il tetráchordo è stato reso popolare da Manolis Chiotis, considerato uno dei grandi virtuosi del bouzouki. Quasi tutti i musicisti che suonano il bouzouki oggi, usano il tetráchordo. Dal bouzouki è nato un altro strumento della musica greca, il baglamas.
Gli irlandesi hanno creato, negli anni '60, una variante di questo strumento denominata bouzouki irlandese, con cassa di risonanza a forma di goccia, e che differisce dall'originale greco per il fondo piatto e per l'accordatura, che nella variante irlandese è per intervalli di quinte sol-re-la-mi oppure la-re-la-re. Il gruppo scozzese "The corries" l'ha utilizzato nel 1968 in una indimenticabile versione di "Flower of Scotland", inno non ufficiale degli scozzesi.
Tra i cantautori italiani che ne hanno fatto uso nei loro concerti si ricorda Fabrizio De André.
In Italia attualmente Mauro Pagani, polistrumentista, virtuoso dello strumento ed autore, spesso suona in album e nei concerti di vari artisti come strumentista di bouzouki.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI

Il fondo è a doghe, bombato come quello di un mandolino napoletano, di cui è parente stretto. Possiede tre o quattro cori di doppie corde, di cui i due più alti sono solitamente coppie di cantini, mentre le corde basse sono accordate a coppie di ottave.
La tecnica tradizionale del bouzouki è basata sul virtuosismo e la velocità dell'esecutore; esempio celebre è il sirtaki, danza greca divenuta famosa grazie al film Zorba il greco (1964), con Anthony Quinn, e caratterizzata da questa rapidità di tocco, spesso riguardante gruppi irregolari di note.












Nella foto il Bouzouki (greco) tríchordo 

domenica 27 ottobre 2013


 LA CHITARRA BATTENTE

La chitarra battente ha una collocazione particolare nella liuteria italiana; lo strumento conobbe infatti una vasta diffusione tra il 1600 e il 1700, in particolar modo nel Veneto e nella Calabria dove godette di popolarità grandissima; si dice che nasce come strumento ricco, colto perché suonato nelle Corti ed arriva a noi grazie alla tradizione popolare che se appropria. è un particolare tipo di chitarra, dalla tipica foggia. 









Tipica della tradizione della CalabriaPugliaBasilicataAbruzzoMolise e Campania (in particolare del Cilento), si attesta nel centro e nel sud d'Italia fin dal XIV secolo, con forme sempre in evoluzione rispetto al presunto modello storico della chitarra barocca, di indubbia origine colta. Oggi è denominata anche chitarra italiana in contrapposizione alla chitarra “classica”, detta chitarra spagnola o francese. Un elemento caratterizzante di questa antica chitarra è la forma simile ad un otto allungato, mai bassa di fasce.
Può avere cassa bombata con fascia alta costruita con essenze diverse in modo che, alternando legni chiari a legni scuri, si venga a costruire un disegno decorativo a fasce verticali. Un altro tipo ha il fondo piatto.Nella tradizione montava quattro corde metalliche più e una quinta di bordone, detto "scuordo o scordino". Un altro tipo porta 5 coppie di corde.Il ponticello è molto basso e mobile come quello del mandolino e viene mantenuto in posizione dalla pressione delle corde.Il foro di risonanza poteva essere coperto, con funzione decorativa, da una rosetta di carta colorata o traforata.

COME SI SUONA
Non essendo uno strumento da plettro, va suonata con uno specifico movimento ritmico della mano, delle dita che genera una sonorità "battente" caratterizzante generi musicali quali la tarantella, la pizzica, gli stornelli e la serenata.L'alternarsi delle delle dita (due o tre) crea il ritmo terrzinato tipico della tarantella. Questo strumento è stato concepito evidentemente per svolgere una funzione ritmica e di accompagnamento al canto.

COSTRUTTORI IN CALABRIA
Costantino e Vincenzo De Bonis - Bisignano (CS)
Rosalba De Bonis - Bisignano (CS)
Antonio Scaglione - Acri (CS)
Mario Artese - Cosenza (CS)
Andrea Palermo - Cosenza (CS)
Marco Corrado - Montegiordano (CS)
Giuseppe Mungari - Crotone (KR)
Mario Scordamaglia - Petilia Policastro (KR)
Giancarlo Sinopoli - Squillace (CZ)
Bruno Marzano - Bovalino (RC)
Concezio Cannatelli - Davoli (CZ) deceduto
Francesco Pignataro - Bisignano (CS)




COME NASCE UNA CHITARRA BATTENTE


Nella costruzione di una chitarra la fase più importante è la scelta del legno.
Per il Piano Armonico : Abete Rosso e Cedro del Libano

Il taglio dei tronchi avviene per quarti, poi dagli spicchi si ricavano dei fogli di circa 2,8 mm.
Lo spessore del piano armonico è molto importante per l’equilibrio del suono.

Per il Fondo, le Fasce e il Manico : Ciliegio, Noce, Castagno, Acero bianco,
Palissandro Indiano e Brasiliano, Mogano. Poiché , queste chitarre vengono fatte  
su ordinazione , il manico dipende dalle dimensioni dell’acquirente. 
Per la Tastiera e il Ponticello : Ebano e Palissandro (legni duri e compatti)
Importante è la scelta dei legni perché attraverso di essi le vibrazione del suono 
si propagano all’interno della cassa armonica.
Oltre alla funzione decorativa, la “rosa” serve per rinforzare il legno 
intorno alla buca, che in quel punto è estremamente fragile.








giovedì 10 ottobre 2013

L'ORGANETTO O FISARMONICA DIATONICA

La fisarmonica diatonica - altresì conosciuta col nome popolare di organetto e in Francia come accordéon diatonique - è uno strumento a mantice che può essere definito il padre della fisarmonica, essendo nato prima di quest'ultima. È fornita di bottoni e suona contemporaneamente la melodia e l'accompagnamento.
La fisarmonica diatonica è uno strumento musicale appartenente alla famiglia degli aerofoni (strumenti il cui suono è generato da un flusso d'aria) di tipo meccanico (l'aria è prodotta da un mantice o soffietto) e provvisto di ance libere. L'ancia libera è una sottile linguetta di acciaio, fissata ad una estremità su una piastrina di ottone o alluminio forata in modo tale da consentire all'ancia di vibrare liberamente sotto il soffio dell'aria, producendo così il suono. Ogni ancia è intonata su una nota musicale; la lunghezza e la larghezza della linguetta sono proporzionate all'altezza della nota: più acuta è la nota, più piccola è l'ancia e viceversa. Le ance sono montate su intelaiature di legno (somiere) fissate all'interno di due cassettine, anch'esse di legno, dotate entrambe di tastiera. L'organetto è caratterizzato da una tastiera melodica a bottoni, azionata dalla mano destra, nella quale le note sono ordinate per scale diatoniche (5 toni e 2 semitoni). Gli organetti, nella parte destra, possono essere caratterizzati da 1 o 2 file di tasti, considerate verticalmente. Qualora le file dei tasti siano 3, 4 o addirittura 5, la definizione più tecnica e corretta è di Fisarmonica diatonica oppure armonica diatonica.
Gran parte delle fisarmoniche diatoniche ed organetti sono strumenti bitonici: ciò significa che ciascun bottone emette nota diversa quando il mantice viene compresso anziché tirato. Esistono tuttavia anche strumenti unitonici (che emettono la stessa nota a prescindere dall'uso del mantice) e strumenti misti, in cui una delle due bottoniere è bitonica e l'altra unitonica.

STORIA

Nasce verso la metà dell'Ottocento in ambiente colto e si diffonde grazie alla praticità, al suono melodioso e alla possibilità di essere completo dal punto di vista musicale, permettendo di suonare senza la presenza di altri strumenti.
Strumento diffuso in tutto il mondo, in particolar modo nelle tradizioni popolari.
In Italia, oltre che nel Centro e nel Sud (in Abruzzo dove la diffusa versione con soli due bassi è chiamata ddù botte, in Puglia e Calabria dove l'organetto viene usato per l'esecuzione di pizziche e tarantelle), l'organetto è utilizzato anche in Sardegna dagli anni '20 per accompagnare i balli Sardi (soprattutto nella Sardegna centrale) e, al nord-ovest, nelle vallate alpine occitane. In Friuli sono diffusi gli organetti bitonici a tre o più file (che, come detto precedentemente, assumono il nome di fisarmonica diatonica), presenti anche nelle vicine Slovenia e Austria ed in particolare derivati dalla tradizione austriaca.
Anche in Sardegna questo strumento ha avuto una notevole diffusione, soprattutto nelle zone dell'interno. A partire dalla fine dell'800, periodo in cui si può datare l'arrivo dei primi esemplari nell'isola, ha infatti affiancato e in molti casi sostituito lo strumento fino ad allora più diffuso, le launeddas, forse a causa della sua maggiore versatilità, robustezza e semplicità d'uso.

L'organetto è molto utilizzato anche in Francia. Gran parte degli organetti venduti nel mondo è prodotta in Italia; alcune fabbriche sono la Della Noce (in Abbruzzo), la Castagnari, la Baffetti e la Giustozzi nelle Marche, la Verde in Piemonte e ce ne sono molte altre soprattutto nel sud Italia come la Marrara organetti. Anche in Spagna e soprattutto nei Paesi Baschi, è utilizzato un particolare tipo di organetto (la trikitixa) che viene spesso prodotto in Italia appositamente per quelle regioni. In Louisiana (USA) viene utilizzato per suonare la musica cajun di origine francese. È molto suonato anche in Irlanda, in Svezia e in Germania.


L'ORGANETTO E LA TARANTELLA 
CALABRESE

La tarantella calabrese o tirantella (anticamente u sonu) è un termine generico che racchiude le diverse espressioni coreutico-musicali diffuse nella penisola calabrese, con tratti che la rendono distinguibile dalle altre del Sud Italia, specie nel ritmo. Gli strumenti fondamentali (che fanno da cornice al virtuosissimo ballo della tarantella calabrese) sono: il tamburello e l'organetto, entrambi costruiti in Calabria da diversi maestri d'arte. 




In Calabria il ballo tradizionale inizia a perdere la sua funzionalità sociale già nel '900, persistendo solo in alcune aree, per esempio, per quanto riguarda l'Aspromonte nella Valle di Sant'Agata, intorno a Cardeto, in altre zone in provincia di Reggio Calabria soprattutto sul versante jonico, dove la danza in pubblico resiste in occasione di festività religiose, o in diversi centri del Pollino, dove spesso si è mantenuto il significato e la funzione che la danza aveva in passato in seno ad una comunità. Lo svolgersi di Festival ed eventi musicali, soprattutto estivi, e di stage e corsi di ballo, rappresenta invece una evoluzione differente legata alla modernità e globalizzazione. Il rischio è ovviamente quello di perdere il linguaggio coreutico originario della danza (e spesso della funzione stessa della "rota".
                                                                                     Nella foto: il maestro Ciccio Nucera










CIARAMELLA

La ciaramella o pipita è uno strumento musicale popolare aerofono della famiglia degli oboi con ancia doppia, cameratura conica e senza chiavi. Il termine ciaramella, deriva dal diminutivo tardo latino calamellus, al femminile calamilla e calamella, derivante a sua volta dalla parola latina calamus, cioè "canna". Nei vari dialetti italiani prende i nomi di ciaramedda, cornetta, totarella, trombetta, bìfara, pipìta; in còrso prende il nome di cialamella, cialamedda o cialumbella. Questo strumento musicale popolare è diffuso in tutto il centro sud Italia, ma il termine in alcune aree, come ad esempio ciarammelle nell'Alta Sabina o ciarameddi in Calabria e Sicilia designa la zampogna; questo perché sembra che la zampogna stessa sia nata dall'accostamento di due ciaramelle alle quali nell'età  dell'impero Romano è stato aggiunta una riserva d'aria tramite un otre (nel Medioevo saranno aggiunti infine i bordoni).
La doppia ancia, assai lunga, viene tenuta fra le labbra; il foro del fuso è conico e la campana terminale è ampiamente svasata.



Raramente è suonata come strumento solista. Generalmente si suona assieme alla zampogna Si usa anche l'accostamento alla zampogna di due ciaramelle, suonate o da una coppia di suonatori o contemporaneamente dallo stesso suonatore (ciaramella doppia); quest'ultimo utilizzo è tipico dell'area lucana.
In Calabria la ciaramella fa anche parte delle "bande piluse" o fanfare,   che includono anche una sezione ritmica. L'accostamento tra zampogna e ciaramella è diffuso grazie agli zampognari itineranti che portano la novena di Natale. Originariamente l'uso non era legato al solo contesto pastorale e natalizio, ma apparteneva ai più vari contesti.


CIARAMELLE CALABRESI
Nella foto diversi tipi di Ciaramelle calabresi
costruiti (interamente a mano) dal maestro
Domenico Gazzaneo e suo nipote Donato De Filippo













                                                                          CIARAMELLE MOLISANE




Nella foto diversi tipi di Ciaramelle Molisane
costruite (interamente a mano) dal costruttore
di zampogne e ciaramelle
Fabio Ricci di Scapoli (IS)

domenica 1 settembre 2013


Il tamburello
Il tamburello è uno strumento musicale a percussione a suono indeterminato, appartenente alla categoria dei membranofoni; diffuso in tutto il Mediterraneo meridionale, in Italia si trova specialmente nelle regioni centro-meridionali.



Il tamburello in Calabria


In Calabria il tamburello (tammurrinu, tammureddu) è diffuso su scala regionale ed è tuttora molto usato per accompagnare la danza tradizionale — tarantella — per l'esecuzione della quale si richiede un forte sostegno ritmico (Tav. IV b e Tav. V a). Soprattutto in provincia di Reggio Calabria si rileva l'importanza di questo membranofono, che appare lo strumento a percussione per eccellenza, di cui non si può fare a meno e che, anzi, si ama moltiplicare nelle esecuzioni. É l'unico strumento suonato anche dalla donne e, benché venga praticato da ambo i sessi e molti uomini ne siano grandi virtuosi, il sua carattere femminile — simbolicamente e storicamente determinato — traspare di continuo. É inoltre strumento largamente praticato anche dalle giovani generazioni. Il tamburello, le cui dimensioni variano dai 15 ai 50 cm di diametro, viene molto spesso costruito direttamente dai chi lo suona. Ma vi sono anche dei costruttori che operano in botteghe specializzate — ad esempio a Seminara (RC) — e portano a vendere i propri prodotti nelle fiere e nelle feste religiose. La costruzione dello strumento prende avvio dalla concia, con sale e allume, della pelle, che per lo più è di capretto ma anche di coniglio e persino di gatto. Ancora bagnata, la pelle viene tesa su una cornice — ricavata da una stretta striscia di legno modellata a cerchio — e fissata intorno ad essa con colla e chiodi, a volte con l'aggiunta di un controcerchio di legno. Lungo la cornice sono aperti degli alloggiamenti rettangolari in cui sono inserite coppie di piattini metallici, battuti e temperati, assicurati mediante filo di ferro. I costruttori usano decorare lo strumento con piccoli motivi floreali dipinti lungo la cornice o con scene di argomento cavalleresco affrescate sulla pelle. A volte, per ottenere una sonorità più morbida e "ovattata", la pelle non viene completamente rasata del pelo, che resta in evidenza sulla superficie interna del tamburo. Inoltre, per esaltare il volume e le frequenze acute dei piattini, si usa a volte sospendere, in vario modo, campanelli e bubboli all'interno della cornice (Tav. IV b). Il tamburello viene suonato afferrando la cornice dal basso con la mano sinistra e percuotendo la pelle con la mano destra, utilizzando la punta delle dita, il palmo, il polso, secondo varie tecniche. Nelle esecuzioni l'accompagnamento percussivo dello strumento è caratterizzato da frequenti ambiguità ritmiche (alternanza nella stessa battuta di figure binarie, semplici o puntate, e ternarie.











Nella foto il maestro di tarantella calabrese
Ciccio Nucera con un gruppo di allievi



La costruzione del tamburello

tamburelli di varie dimensioni e suoni costruiti accuratamente dal maestro Andrea Anghelone (Reggio Calabria) che coltiva la passione di suonare e far suonare questi strumenti.


 il cerchio o telaio è costruito in faggio con anni di stagionatura che arriva direttamente nelle mie mani e dopo un accurata
selezione viene girato e lasciato stagionare fin quando è pronto per essere messa la pelle






  
le pelli
adoperate sono solo di capretto di pochi mesi, che vengono raccolte direttamente dai massari della Calabria e dopo un'accurata concia vengono lasciate essiccare per poi essere preparate ad essere messe sui telai  

 











 i cimboli   vengono tagliati singolarmente con un diametro che varia a seconda delle dimensioni della cassa del tamburello e vengono ribattuti con uno stampo che generalmente viene fatto in base alle esigenze del suonatore, successivamente vengono temperati fase importantissima anche questa perchè la tempera da il giusto equilibrio suono durata di questi ultimi.